LA FASE ROMANA

 

Nel pannello dedicato possiamo approfondire quanto esposto relativamente alla fase romana.

 

Il toponimo Villa, che ancor oggi contraddistingue la parte orientale dell’abitato di Bornato che comprende la pieve, poteva evocare, la presenza di una villa romana.

 

Le epigrafi e le monete rinvenute presso la pieve e la stele funeraria del decurione Marco Giulio Marcellino, rinvenuta nel 1656 a fianco della Pieve, le tessere dei mosaici, i frammenti architettonici, le lastrine marmoree e le monete, rinvenute negli anni ’70 del secolo scorso, testimoniavano infatti un’occupazione dell’area già in epoca romana.

 

L’area nella quale venne eretta la chiesa era occupata fin dalla prima età imperiale da una villa, costruita al piede del rilievo. Esattamente sotto di essa lo scavo ha individuato quello che pare essere il corpo principale del complesso romano.

 

La presenza di strutture e stratificazioni in sondaggi notevolmente distanti e la robustezza delle murature suggeriscono che questo settore della villa avesse un’ampiezza ragguardevole, non meno di 450 mq e in alcune parti un elevato di due piani.

 

Il rinvenimento di frammenti di tegole cave per un impianto di riscaldamento parietale, di intonaci affrescati, indica che gli ambienti sottostanti la pieve dovevano appartenere alla parte signorile della villa. Di essa sono state riconosciute, per ora, tre fasi costruttive: la prima databile ai decenni iniziali del I secolo d.C., l’ultima alla fine del IV – prima metà del V secolo.

 

La terza fase, individuata solo nello scavo antistante l’abside, corrisponde chiaramente ad una ristrutturazione radicale, che comportò la demolizione completa delle murature precedenti e la costruzione ex novo di uno o più ambienti con diverso orientamento. A questo ultimo momento appartiene una canaletta in muratura, all’interno della quale doveva correre una conduttura idraulica, in piombo o in bronzo, come rivela l’impronta circolare lasciata nel deposito formatosi all’interno della struttura di protezione.

 

I dati attualmente in nostro possesso sono ancora troppo limitati per sapere se e in che condizioni questi ambienti siano stati continuativamente abitati fino alla loro rioccupazione in età longobarda, o se invece siano stati abbandonati.

 

L’unico indizio di un possibile fatto catastrofico responsabile dell’abbandono, totale o parziale, della villa nel corso del V o del VI secolo è un deposito di potenti livelli di terreno, contenenti frammenti ceramici romani e tardoantichi rimescolati, individuato a nord della chiesa. Tale stratificazione potrebbe infatti risalire ad eventi alluvionali prolungati e di eccezionale durata.

la pieve di san bartolomeo

credits Cheleo Multimedia Regione Lombardia - Cultura